Secondo la normativa Europea i Vini di Denominazione di Origine Italiana certificano il legame tra il prodotto e la sua origine geografica. Per le Denominazione di Origine dei vini si utilizzano il nome geografico di una zona viticola, particolarmente vocata, come ad esempio Barolo, Chianti, Bolgheri, Franciacorta.

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Le Denominazione di Origine possono riportare anche l’indicazione del vitigno come Primitivo di Manduria, Aglianico del Vulture, Cerasuolo di Vittoria e sono ovviamente regolate dal disciplinare di produzione, ed a volte sono indicate anche le sottozone come: comune, frazione, fattoria, podere, vigna; che costituiscono una migliore qualità e delle regole più rigorose del disciplinare.

Per i Vini di Denominazione di Origine Italiana il "disciplinare di produzione" è l'elemento che caratterizza le categorie IGT, DOC e DOCG: si tratta di un insieme di vincoli qualitativi a cui ci si deve attenere nella produzione di un vino ad esempio zona di produzione, vitigni, resa per ettaro, titolo alcolometrico minimo e pratiche autorizzate.

Le classificazioni e le definizioni sono stabilite dalla legge n°164 secondo questi parametri:

- VDT, Vino Da Tavola. Prodotto al di fuori dei disciplinari con il rispetto di regole minime ovvero non necessita dell’indicazione del vitigno mentre è obbligatoria la menzione del colore del vino bianco, rosso o rosato. Il vino in questione è piuttosto semplice, può essere il risultato di un uvaggio oppure di un blend di uve, con uve o vini provenienti da diverse zone geografiche, da varietà differenti e da vendemmie differenti. Ciò non significa per forza una minore qualità, semplicemente si tratta di vini che hanno meno vincoli produttivi.

- IGT, Indicazione Geografica Tipica. L’indicazione IGT specifica un nome geografico di una zona utilizzato per designare il prodotto che ne deriva come ad esempio Piemonte, Sicilia, Puglia o Salento. Questi vini provengono per almeno l'85% dalla zona geografica di cui portano il nome, possono riportare l'indicazione del vitigno e dell'annata, e sono regolati dal proprio disciplinare di produzione come: territorio, vitigni, resa per ettaro, titolo alcolometrico minimo e pratiche autorizzate.

- VQPRD, Vino di Qualità Prodotto in Regione Determinata, che può essere ulteriormente caratterizzato come

- VLQPRD, Vino Liquoroso di Qualità Prodotto in Regione Determinata

- VSQPRD, Vino Spumante di Qualità Prodotto in Regione Determinata

- VFQPRD, Vino Frizzante di Qualità Prodotto in Regione Determinata

I vini VQPRD sono suddivisi nelle tradizionali denominazioni:

- DOC, Denominazione di Origine Controllata

La legge prevede il costante controllo per le DOC, in pratica tutto il ciclo produttivo dalla vigna fino all’imbottigliamento deve essere conforme a quanto stabilito dal disciplinare di produzione come zona di produzione, vitigni, resa per ettaro, titolo alcolometrico minimo, estratto secco, acidità totale e pratiche autorizzate.

I vini a Doc sono controllati anche sotto il profilo qualitativo: prima della commercializzazione vengono obbligatoriamente sottoposti ad un'analisi chimica ed organolettica da parte di "Commissioni di Degustazione", appositi organismi istituiti presso le Camere di Commercio, per verificare che sussistano i requisiti prescritti dal protocollo di produzione;

- DOCG, Denominazione di Origine Controllata e Garantita

I vini a DOCG sono prodotti che vengono sottoposti a regole più severe rispetto ai vini a DOC, e hanno avuto un passato di almeno cinque anni in quest'ultima categoria.

Prima della loro commercializzazione devono sottostare a due controlli: quello chimico/organolettico nella fase di produzione è analogo a quello delle Doc, mentre quello organolettico viene effettuato prima dell'imbottigliamento.

La legge n°164 fissa la capacità massima delle bottiglie in commercio a 5 litri. La peculiarità di ogni singola bottiglia è il Contrassegno di Stato, la classica fascetta rosa o verde rilasciata dalla Repubblica Italiana. Le fascette vengono assegnate agli imbottigliatori autorizzati in base agli ettolitri di vino che vengono effettivamente prodotti.

Un esempio di nota importanza di Vini a Denominazione di Origine Italiana è il Chianti

Il Chianti occupa una vasta zona Toscana situata più a nord rispetto a Montalcino. Il termine Chianti potrebbe derivare dall'etrusco "clante", che significa "acqua", che era il nome di quell'area ricca di corsi d'acqua, ma un'altra tesi sostiene che si possa risalire ad una nobile famiglia etrusca, sempre di nome "Clante".

Inizialmente c'era una sola DOCG, successivamente la zona denominata Chianti Classico ha deciso di formare una propria DOCG con delle regole disciplinari differenti.

Oggi la DOCG Chianti è suddivisa in 7 sottozone:

  • Colli Fiorentini
  • Colli Aretini
  • Colli Senesi
  • Colline Pisane
  • Montalbano
  • Rufina
  • Montespertoli

Il Chianti Classico è situato fra le città di Siena e Firenze e comprende per intero i territori dei comuni di:

  • Greve in Chianti (FI)
  • Castellina in Chianti (SI)
  • Gaiole in Chianti (SI)
  • Radda in Chianti (SI)

e parte del territorio dei comuni di

  • Barberino Val d'Elsa (FI)
  • San Casciano in Val di Pesa (FI)
  • Tavarnelle Val di Pesa (FI)
  • Castelnuovo Berardenga (SI)
  • Poggibonsi (SI)

Per tutelare la produzione del Chianti Classico alcuni produttori si sono riuniti dal 1924 in un consorzio denominato "Gallo Nero", che si occupa della qualifica e della promozione del vino.

Il simbolo del Gallo Nero è legato ad un'antica leggenda risalente al 1200 quando le repubbliche di Firenze e Siena, divise da una storica rivalità decisero di ridisegnare i confini del loro territorio. Affidarono la contesa ad una gara di velocità tra due cavalieri che dovevano partire dalle rispettive città al primo canto del gallo: il punto di incontro sarebbe stata la linea di confine. I Fiorentini giocarono d'astuzia e scelsero un galletto nero tenuto a digiuno che cantò ben prima dell'alba e consentì al loro cavaliere di percorrere più strada.

La differenza tra i due tipi di Chianti è notevole, in primo luogo il Chianti Classico ha eliminato l’uva bianca all'interno della propria DOCG. Anche qui esiste un papà del disciplinare del Chianti: il Barone Ricasoli (1895) che mise per iscritto la ricetta del Chianti: Sangiovese, Canaiolo Nero più Malvasia Di Candia (inizialmente non era previsto il Trebbiano), questo perché se si fosse fatto un vino con solo le due uve nere. Si sarebbe ottenuto quindi un vino estremamente ruvido e non adatto al consumo immediato, per cui per ammorbidirlo e per avere una bevibilità più pronta si doveva usare la Malvasia.

Successivamente, in seguito alla grande richiesta di Chianti, i produttori iniziarono ad "allungare" il vino con il Trebbiano Toscano, tanto però da far scadere la qualità del prodotto. Di fronte ad un prodotto scadente la richiesta diminuì e i produttori si videro costretti a rivedere l'uvaggio. Poiché il territorio destinato alla coltivazione di questa uva bianca era esteso, anziché espiantare i vigneti si decise di imbottigliarne le uve a parte e gli si diede l'appellativo del terreno, Galestro, vino che ebbe grande successo (come qualità percepita) anche se di qualità intrinseca abbastanza modesta.

In ogni caso l'impennata dei consumi ha indotto le aziende a rivedere il rapporto tra qualità percepita e qualità intrinseca dei propri vini, forse troppo legati a disciplinari ormai obsoleti.

I produttori in grado di sostenere grossi investimenti hanno così avviato delle sperimentazioni in vigna e in cantina dalle quali si sono presto ottenuti dei vini di qualità superiore rispetto ai prodotti di punta delle case stesse.

Questa ricerca ha introdotto il concetto di Supertuscans, che rappresentano la scelta di alcuni produttori di fare un vino senza doversi attenere rigorosamente al disciplinare di produzione, ma facendolo a loro piacimento uscendo dalle DOC e retrocedendo tra i Vini da Tavola.

Produttori come Fontodi, Castelnuovo Berardenga, hanno fatto vini con Sangiovese in purezza che hanno trovato grande riscontro sul mercato. Nel 1994 il disciplinare del Chianti Classico si è uniformato dando la possibilità di fare vino anche con sole uve Sangiovese (localmente Sangioveto). Dal 1996 prevede anche il 15% massimo di Cabernet Sauvignon.

Il primo Supertuscan fu il Tignanello prodotto con 80% Sangiovese e 20% Cabernet Sauvignon. Padre del Sassicaia fu Mario Incisa della Rocchetta che piantò Cabernet Sauvignon e con l'enologo Giacomo Tachis creò questo vino. Il Sassicaia di Tenuta S.Guido è stato il primo vino elevato in barrique. La Bolgheri Sassicaia è una sottozona della Bolgheri Doc creata appositamente per questo vino.

Antinori ha reso buono il Chianti Classico facendo un vino con un taglio 80% Sangiovese e 20% Cabernet Sauvignon; Mercatale Val di Pesa ribaltò le proporzioni, 80% Cabernet Sauvignon e 20% Sangiovese creando un vino eccezionale chiamato Solaia.

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